Spiegazione delle parabole di Gesù

(041)

Parabola sulla distribuzione delle acque (da 467.2 a 467.5)

La parabola è finita ed ognuno la può capire. Vi dico solo che chi è ricco è il depositario di questa ricchezza che Dio gli concede con  l’ordine di essere distributore di essa a chi soffre. Pensate quale onore vi fa Dio chiamandovi a soci nella Provvidenza in favore dei poveri, malati, vedove, orfani. Dio potrebbe far piovere denaro, vesti, cibi sui passi dei poveri. Ma allora leverebbe all’uomo ricco dei grandi meriti: quella della carità ai fratelli. Non tutti i ricchi possono essere dotti, ma tutti possono essere buoni. Non tutti i ricchi possono curare i malati, seppellire i morti, visitare gli infermi e i carcerati. Ma tutti i ricchi, ma anche semplicemente chi non è povero, può dare un pane, un sorso d’acqua, una veste smessa, accogliere presso la fiamma chi trema, sotto il tetto chi non ha casa ed è nella pioggia o nel solleone. Il povero è chi manca del necessario per vivere. Gli altri non sono poveri, sono di mezzi ristretti, ma sempre ricchi rispetto a chi muore di fame, di stenti, di freddo. (…)
Ricordate! La carità, la misericordia è premiata in eterno. Ricordate! La carità, la misericordia è assoluzione dalle colpe. Dio molto perdona a chi ama. E l’amore agli indigenti che non possono ricambiare è l’amore più meritorio agli occhi di Dio. Ricordate queste mie parole sino all’estremo della vita e sarete salvi e beati nel Regno di Dio.
21.6.43
Ora ti porto il paragone per l’anima. La cisterna che aduna le acque per il bene proprio e altrui è l’anima che sa accogliere la grazia, che con fluire inesausto viene in lei per bontà di Dio. La sua stessa vita e quella di tanti altri che sono a contatto con lei, se ne avvantaggia e diviene lussureggiante di frutti eterni, mentre i più diseredati, gli infelici che non sanno fare buon uso della grazia, i prodighi che la sprecano, i colpevoli che la perdono, possono, al suo contatto, nutrirsene, abbeverarsene, riflettere quanto è dolce l’acqua del Signore, e sono portati a ripetere il grido della samaritana: “Signore, dammi di quest’acqua”.  (…)
Le mancanze di fedeltà alla grazia sono altrettanti attentati all’incolumità della mistica cisterna in cui Io verso l’acqua zampillante da una sorgente di vita eterna e che dà vita eterna. Poi, grande umiltà. (…) L’umiltà si fa rigogliosa in un’anima che sa coltivare la grazia e che col suo rigoglio impedisce al sole della superbia di consumare l’acqua preziosissima. Poi, grande carità. La cisterna non vive per sé. Vive per gli altri. E’ stata creata per gli altri. Altrimenti sarebbe stato inutile il suo essere. L’anima che Io ricolmo dei miei doni di grazia deve essere lieta che tutti vengano ad attingere da lei.