Le parabole di Gesù

(009)

La parabola del re che fa le nozze al figlio suo (206.11 - 206.12)

Una volta un re fece le nozze di suo figlio. Potete immaginare che festa fosse nella reggia. Era l'unico figlio, e giunto all'età perfetta si sposava con la sua diletta. Il padre e re volle che tutto fosse gioia intorno alla gioia del suo diletto, finalmente sposo con la beneamata. Fra le molte feste nuziali fece anche un grande pranzo. E lo preparò per tempo, vegliando su ogni particolare dello stesso, perchè riuscisse splendido e degno delle nozze del figlio del re.
Mandò per tempo i suoi servi a dire agli amici e agli alleati, e anche ai più grandi del suo regno, che le nozze erano stabilite per quella data sera e che loro erano invitati, e che venissero per fare degna cornice al figlio del re. Ma amici, alleati e grandi del regno non accettarono l'invito.
Allora il re, dubitando che i primi servi non avessero parlato a dovere, ne mandò altri ancora, perchè insistessero dicendo: "Ma venite! Ve ne preghiamo. Ormai tutto è pronto. La sala è apparecchiata, i vini preziosi sono stati portati da ogni dove, e già nelle cucine sono ammucchiati i buoi e gli animali ingrassati per essere cotti, e le schiave intridono le farine a far dolciumi, ed altre pestano le mandorle nei mortai per fare leccornie finissime a cui mescolano aromi fra i più rari. Le danzatrici e i suonatori più bravi sono stati scritturati per la festa. Venite dunque acciò non sia inutile tanto apparato."
Ma amici, alleati e grandi del regno o rifiutarono, o dissero: "Abbiamo altro da fare" o finsero di accettare l'invito, ma poi andarono ai loro affari, chi al campo, chi ai negozi, chi ad altre cose ancor meno nobili. E infine ci fu chi, seccato da tanta insistenza, prese il servo del re e l'uccise per farlo tacere, posto che insisteva: "Non negare al re questa cosa perchè te ne potrebbe venire male."
I servi tornarono al re e riferirono ogni cosa, e il re avvampò di sdegno mandando le sue milizie a punire gli uccisori dei suoi servi e a castigare quelli che avevano sprezzato il suo invito, riservandosi di beneficare quelli che avevano promesso di venire. Ma la sera della festa, all'ora fissata, non venne nessuno. Il re sdegnato chiamò i servi e disse: "Non sia mai che mio figlio resti senza chi lo festeggi in questa sua sera nuziale. Il banchetto nuziale del figlio mio deve avere luogo. Andate dunque sulle piazze e sulle strade, mettetevi ai crocicchi, fermate chi passa, adunate chi sosta, e portateli qui. Che la sala sia piena di gente festante."
I servi andarono. Usciti per le vie, sparsisi sulle piazze , messisi ai crocicchi, radunarono quanti trovarono, buoni o cattivi, ricchi o poveri, e li portarono nella dimora regale, dando loro i mezzi per apparire degni di entrare nella sala del banchetto di nozze. Poi li condussero in quella, ed essa fu piena, come il re voleva, di popolo festante.
Ma entrato il re nella sala, per vedere se potevano avere inizio le feste, vide uno che nonostante gli aiuti dati dai servi non era in veste di nozze. Gli chiese: "Come mai sei entrato qui senza la veste di nozze?" E colui non seppe che rispondere, perchè infatti non aveva scusanti. Allora il re chiamò i servi e disse loro: "Prendete costui, legatelo nelle mani e nei piedi e gettatelo fuori della mia dimora, nel buio e nel fango gelido. Ivi starà nel pianto e con stridor di denti come ha meritato per la sua ingratitudine e per l'offesa che mi ha fatta, e più che a me al figlio mio, entrando con veste povera e non monda nella sala del banchetto dove non deve entrare che ciò che è degno di essa e del figlio mio."

(Spiegazione)