Le parabole di Gesù

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Parabola del giudice iniquo (505.5)

In una città c'era un giudice molto indegno del suo ufficio, ottenuto per mezzo di potenti parentele. Egli era oltremodo ineguale nel giudicare, essendo sempre propenso a dar ragione al ricco e al potente, o a chi lo comperava con grandi donativi. Egli non temeva Dio e derideva i lagni del povero e di chi era debole perchè solo e senza potenti difese.
Quando non voleva ascoltare chi aveva così palesi ragioni di vittoria contro un ricco da non poter dare ad esso torto in nessuna maniera, egli lo faceva cacciare dal suo cospetto minacciandolo di gettarlo in carcere. E i più subivano le sue violenze ritirandosi sconfitti, e rassegnati alla sconfitta prima ancora che la causa fosse discussa.
Ma in quella città c'era pure una vedova carica di figli, la quale doveva avere una forte somma da un potente per dei lavori eseguiti dal suo defunto sposo al ricco potente. Essa, spinta dal bisogno e dall'amore materno, aveva cercato di farsi dare dal ricco la somma che le avrebbe concesso di saziare i suoi figli e vestirli nel prossimo inverno. Ma tornate vane tutte le pressioni e suppliche fatte al ricco, si rivolse al giudice.
Il giudice era amico del ricco il quale gli aveva detto: "Se tu mi dài ragione un terzo della somma è tuo". Perciò fu sordo alle parole della vedova che lo pregava: "Rendimi giustizia del mio avversario. Tu vedi che io ne ho bisogno. Tutti possono dire se ho diritto a quella somma." Fu sordo e la fece cacciare dai suoi aiutanti.
Ma la donna tornò una, due, dieci volte, alla mattina, a sesta, a nona, a sera, instancabile. E lo seguiva per via gridando: "Fammi giustizia. I miei figli hanno fame e freddo. Nè io ho denaro per acquistare farina e vesti".
Si faceva trovare sulla soglia della casa del giudice quando questi vi tornava per sedersi a tavola con i suoi figli. E il grido della vedova: "Fammi giustizia del mio avversario chè ho fame e freddo insieme alle mie creature" penetrava sino all'interno della casa, nella stanza dei pasti, nella camera da letto durante la notte, insistente come il grido di un'upupa: "Fammi giustizia, se non vuoi che Dio ti colpisca! Fammi giustizia. ricorda che la vedova e gli orfani sono sacri a Dio e guai a chi li conculca! Fammi giustizia se non vuoi soffrire un giorno ciò che noi soffriamo. La nostra fame! Il nostro freddo lo troverai nell'altra vita se non fai giustizia. Misero te."
Il giudice non temeva Dio e non temeva il prossimo. Ma di esser sempre molestato, di vedersi divenuto oggetto di risa da parte di tutta la città per la persecuzione della vedova, e anche oggetto di biasimo, era stanco.
Per questo un giorno disse fra sè: "Per quanto io non tema Dio nè le minacce della donna, nè il pensiero dei cittadini, pure, per porre fine a tanta molestia, darò ascolto alla vedova e le farò giustizia obbligando il ricco a pagare. Basta che essa non mi perseguiti più e mi si levi d'intorno". E chiamato l'amico ricco gli disse: "Amico mio, non è più possibile che io ti contenti. Fa' il tuo dovere e paga, perchè io non sopporto più di essere molestato per causa tua. Ho detto".
E il ricco dovette sborsare la somma secondo giustizia.

(Spiegazione)